The clean outdoor manifesto: Take Action!


È ora finalmente di agire, è ora di fare e mettere in pratica invece di commentare seduti sul divano o su una panca in rifugio.

Luca Albrisi sta alla base di questo nuovo progetto che rilancia nuove e concrete idee nel mondo dell'outdoor.

 

 

- luca raccontaci dagli inizi come nasce questa idea?

 
Ma, di per sé l’idea è nata proprio dall’impulso di voler agire, invece che discutere e basta; il che detto da un documentarista/filosofo è quasi surreale ma, per fortuna, sono anche uno snowboarder!

Scherzi a parte, l’intenzione principale è quella di voler responsabilizzare tutti, con una presa di posizione “dal basso”,  concreta e con la quale ci si esponga senza paura di metterci la faccia.

 
-  come si è sviluppato col tempo e come sei arrivato all'idea di un manifesto ?

 
L’idea è nata durante il Tour di “the Clean Approach”, un documentario che ho realizzato proprio sul legame tra uomo e natura, outdoor e ambientalismo, ripercorrendo a grandi linee i principi della Deep Ecology, filosofia nella quale credo molto.

Spesso, nel dopo proiezione, molti ragazzi mi chiedevano cosa potessero fare per agire e per prendere posizione riguardo a queste tematiche.

Purtroppo non avevo mai una risposta concreta se non quella di “sensibilizzarsi”, sensibilizzare o entrare a far parte di qualche associazione ambientalista per dare una mano.

Proprio dopo una di queste proiezioni mi sono fermato a discutere con Zeo - vecchio amico con molta più esperienza di me in ambito associazionistico e di attivismo - e da questa discussione è nata l’idea di passare da una forma di protesta “dall’alto” a una forma “dal basso” e quindi, appunto, alla stesura di un manifesto.

 

- uno di punti  cardine imprescindibili sta nell’importanza dell’educazione e dell’esempio, dal singolo all'organizzatore di gara ...

 
Si e no. Nel senso che l’educazione, l’esempio e la sensibilizzazione sono sicuramente punti cardine e imprescindibili.

Noi però siamo convinti che il tempo della sensibilizzazione sia finito - o che comunque non sia più sufficiente - e che si debba passare all’azione. E che questa azione possa, e debba, essere proposta da tutti.

 

Un esempio calato nel mondo del trail? Basta parlare di gare “sostenibili” solo perché si fa la raccolta differenziata.

Oggi come oggi le gare di trail non devono più usare plastica, o almeno cercare di ridurla davvero al minimo indispensabile (esiste un minimo indispensabile?) sia nei ristori che nella tracciatura.

 

Se, come io credo, vogliamo che l’outdoor sia uno strumento di educazione ambientale che sia in grado di riavvicinarci a ciò che siamo, allora dobbiamo essere i primi a diffondere questa visione.

Sottoscrivere il The Clean Outdoor Manifesto significa impegnarsi in questo senso: per un outdoor consapevole e sostenibile che non si limita alla consapevolezza e riduzione del proprio impatto ma che possa essere uno strumento di attivismo ambientale.

 

-  ma secondo te è già un punto di non ritorno o qualcosa si può ancora cambiare?

 

Il tempo stringe, questo è certo.

Giusto ieri sono stati divulgati risultati di una nuova ricerca del “Breakthrough National Center for Climate Restoration” di Melbourne che prevedono, entro il 2050, conseguenze del cambiamento climatico molto più gravi di qualunque evento avuto luogo negli ultimi 1.000 anni del pianeta.

Ogni forza in gioco è dunque benvenuta ed è bene rendersi conto che schierarsi non è più una possibilità, è un dovere. Verso noi stessi, verso chi verrà dopo di noi e verso qualunque forma di vita di questo pianeta del quale abbiamo sconvolto gli equilibri senza alcun diritto.

 

- cosa speri da questo progetto e cosa ti aspetti dal mondo dell'outdoor?

 

Mi piacerebbe che almeno una fetta del nostro mondo si svegliasse - e devo dire che lo sta già facendo - non solo per proteggere il proprio “parco giochi” (approccio che trovo molto egoista e superficiale) ma per diffondere una visione dell’outdoor che sia sensibile, empatica e in grado di andare oltre al cliché del semplice “sport all’aperto”.

Una visione che sappia valorizzare il contesto naturale in senso di appartenenza e, in questo modo, sviluppare una volontà di protezionismo verso esso.

 


- il mercato dell’outdoor è una fetta importante di un mercato in crescita, come si interfacceranno le aziende di fronte ad una possibile massa critica?

 

Molto semplicemente, secondo le leggi di mercato.

Io, per educazione e formazione, credo in primis nelle leggi dell’etica alle quali cerco di rifarmi il più possibile, ma è normale che le aziende - in un sistema economico come il nostro - guardino prima alle leggi di mercato.

Dunque non ci resta che traslare i nostri principi di consumatori etici all’interno del mercato outdoor (e non solo ovviamente).

Come? Destinando i nostri soldi solo ad aziende che reputiamo il linea con questi principi.

Non è facile, lo so. Ma è sicuramente molto efficace.

Dobbiamo fare in modo che le aziende non possano evitare di considerare le nostre richieste di consumatori consapevoli.

 
-  porterai il The clean outdoor manifesto in giro per l'italia con un tour dedicato?

 
Il concetto alla base di questo progetto è che il The Clean Outdoor Manifesto è di tutti e di nessuno allo stesso tempo.

Io lo porterò sicuramente in “tour” parallelamente alla proiezione del documentario o in qualunque contesto venga invitato per presentazioni o attività di qualunque tipo.

 

Ma la cosa più importante da dire è proprio che il The Clean Outdoor Manifesto è sottoscrivibile, scaricabile e soprattutto IMPUGNABILE da chiunque ne condivida i principi (singolo attivista, associazione, azienda, ente…).

Quindi non c’è tanto da chiedersi se io porterò in giro il Manifesto o se organizzerò azioni dirette in suo nome.

 
C’è piuttosto da chiedersi se anche voi siete pronti per farlo.

 
Read, sign. Take Action!

 

#TheOutdoorManifesto

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