Capiterà che passando dalle Tre Cime, LUT
Prologo
Quest’ anno mi sono ritirato nel punto esatto
dove, nel 2019, il mio viaggio procedeva con tanta speranza.
Ad ogni modo, poter partire per una corsa del
genere è sempre un privilegio.
E per questa volta mi perdo un po’ nei
ricordi…
Sono felice del fatto che chi è arrivato in
fondo abbia vissuto la propria e unica magia.
***
Il peso
della luce
Non sai
bene se la vita è viaggio,
se è
sogno, se è attesa,
se è un
piano che si svolge
giorno
dopo giorno
e non te
ne accorgi
se non
guardando all’indietro.
Non sai
se ha senso.
In certi
momenti il senso non conta.
Contano
i legami.
– Jorge
Luis Borges
Esiste un istante preciso in cui la notte ci
abbandona, non per sempre, ma almeno per un giorno intero.
È una notte breve e adolescente, una notte
piccola, impressa in una polaroid appesa al cielo, ma è quasi sempre troppo in
alto per riuscire a capirla bene.
Ci sono cose che non si distinguono fino
all’ultimo, spesso nemmeno dopo che accadono, almeno non fino a quando ti
ritrovi scaraventato di fuori, sulla sponda di un nuovo giorno.
Esco dalla notte quando l’alba si alza dal suo
letto nel lago.
Luce che nasce da un luogo lontano, lo stesso
ogni giorno, eppure indecifrabile come un simbolo senza tempo.
Comprendo che se partire non è mai facile,
diventa sempre più difficile essere disposti ad arrivare, anche se poi non
credo che il senso sia proprio questo, almeno per me.
Già, arrivare dove ?
Ma che importanza ha in fondo ?
Ognuno ha le proprie battaglie oscure.
Le Dolomiti hanno le stesse sembianze del
sogno, le linee mutevoli e sorprendenti del viaggio onirico e siccome non c’è
niente da capire bisogna solo arrendersi allo stupore.
Allora il cammino prenderà il suo naturale
respiro attraverso la danza tra forme e ombre, le quali sono sempre il lato
meno chiaro della luce.
Capiterà che passando dalle Tre Cime,
le vedrai come i denti cariati di qualcuno
rimasto troppo a lungo a guardia di un regno arcano.
I detriti si staccano dalle gengive come il
pianto di ghiaia notturna di un gigante sepolto nella lontananza delle ere.
Tra i cuscini verdi dell’alpe di Lerósa, sotto
la Croda Rossa, ti ritornerebbe in mente il desiderio di fare il pastore e ti
immagineresti mentre tieni d’occhio il tuo gregge, in un pomeriggio di giugno
proprio come oggi, ma in un’ altra vita ancora.
E poi, infilandoti su per la scala a
chiocciola della val Travenanzes, arriveresti alle mura posteriori delle
Tofane, le cinta insuperabili di fortificazioni ai margini dell’altipiano.
Chissà cosa succede lassù, non in cima, ma
dietro alle pareti, dall’altra parte ?
Ci sarà qualcuno che sogna come te ?
Osservo le cascate che scivolano eleganti ed
esplodono in veli trasparenti.
Ne assaporo la brezza leggermente liquida che
scivola sulle gambe calde.
Ad ogni guado entro dentro l’acqua indugiando
con i piedi in mezzo alla corrente, come se questa portasse via un po’ di
fatica.
Eppure trovo che funzioni; entrare in sintonia
con il fluire del torrente alleggerisce i miei pensieri e mi ricorda che, come
sempre, è una così semplice.
È più semplice di quello che pensiamo.
È quello che ci riesce meglio forse, dove
ciascuno basta a se stesso;
rimanere in giro il più a lungo possibile,
correre, camminare e correre di nuovo.
Lasciare che la pelle si impregni del peso di
tutta la luce che c’è.
Perché il peso della luce è nella sua
leggerezza, che non è inconsistenza ma è assenza di gravità emotiva.
È questo quello che mi viene in mente mentre
svalico tra Averau e Nuvolao, mentre un altro versante cambia nuovamente sulle
orme di neve sporca che cede piano.
Guardo un po’ più in là e individuo la Civetta
e la Marmolada, prodigiose isole irraggiungibili adesso, e ripenso a quello che
si dice sul fenomeno leggendario dell’enrosadìra, il motivo per cui la dolomia
si colora.
Enrosadìra è una parola così antica e così
aggraziata che riesce a descrivere una cosa bella anche solo con il suono della
sua pronuncia.
Enrosadìra, “diventare rosa”.
Chissà se invece è anche una questione di
timidezza, per chi si ferma a capirne i profili, a misurarne i battiti, a
immaginarne tutte le storie di pietra incandescente.
C’è sempre qualcuno che si innamora quassù, ne
sono certo.
Forse diventano più rosa anche le persone,
magari nel loro cuore.
In questa giornata interminabile in cui il
crepuscolo si dilata quasi fino all’infinito, si compie il mio viaggio.
Ora è quasi buio ed è coraggioso il modo cui
il giorno resiste ad una nuova notte.
La luce resiste per devozione al senso
estetico.
Ed è sempre più evidente che in molti come me,
corrono perché sanno che è profondamente e semplicemente bello farlo.
Negli sguardi sorridenti di chi ho incontrato
e di chi sta arrivando ormai a Cortina, trovo ancora una volta il senso di una
corsa così lunga.
Incontrare vecchi amici, trovarne di nuovi e
intravederne la soddisfazione nei loro occhi ora stanchi.
Il peso della luce è anche questo; occhi che
brillano, occhi che sognano, occhi che
non smettono di cercare, anche se adesso è davvero buio.
Ma esiste sempre un istante preciso in cui la
notte ci abbandona, non per sempre, ma almeno per un giorno intero.
È questo il segreto ?
È questo il peso della luce ?
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